È una piazza che commuove quella del
31 marzo a Nardò, una giornata dedicata
a Renata Fonte, giovane donna e madre,
consigliere comunale neretina barbaramente
assassinata ormai 30 anni fa.
È una ricorrenza, in negativo, ovviamente
di un episodio che ha segnato di sangue
e dolore la nostra terra, dai risvolti
giudiziari mai completamente chiariti
ma c’è la piazza piena di bambini, di
ragazzi, di giovani che si interrogano,
che riflettono sulla legalità, che la rappresentano,
che, in quel volto giovane e
bello, strappato troppo presto e brutalmente
alla vita, vedono un simbolo. E
allora, anche se la ricorrenza è in negativo,
è triste e dolorosa, bisogna trasformarla,
vedere il bello di tutta questa
energia, di tutto questo calore e ringraziarla.È una piazza che commuove quella del 31 marzo a Nardò, una giornata dedicata a Renata Fonte, giovane donna e madre, consigliere comunale neretina barbaramente assassinata ormai 30 anni fa. È una ricorrenza, in negativo, ovviamente di un episodio che ha segnato di sangue e dolore la nostra terra, dai risvolti giudiziari mai completamente chiariti ma c’è la piazza piena di bambini, di ragazzi, di giovani che si interrogano, che riflettono sulla legalità, che la rappresentano, che, in quel volto giovane e bello, strappato troppo presto e brutalmente alla vita, vedono un simbolo. E allora, anche se la ricorrenza è in negativo, è triste e dolorosa, bisogna trasformarla, vedere il bello di tutta questa energia, di tutto questo calore e ringraziarla.A lei, tutto questo sarebbe piaciuto.
E ognuno, a suo modo, lo fa. Lettere,
canzoni, rappresentazioni, la gioia dei
più piccoli, la profondità dei più grandi,
la danza e la musica, le parole e i suoni
ed ogni messaggio, ogni pensiero, è
una passo in più di quei “cento passi”
che la comunità neretina ha appena
iniziato a percorrere.
In piazza incontriamo Don Raffaele Bruno,
di “Libera” e gli rivolgiamo alcune
domande. Una, la più semplice o, a seconda
dei punti di vista, la più complessa.
Chi era Renata Fonte?
«Una donna, un’amministratrice, una
mamma che amava - ci risponde. Amava
le sue figlie, il suo lavoro, la sua terra e
ad un certo punto scopre che di questa
terra qualcuno voleva fare motivo di
grande interesse e business. La storia di
quello che le accade la conoscete bene».
Poi Don Raffaele ci invita a riflettere.
«Attraverso la sua storia però guardiamo
al presente, non al passato e vediamo
per esempio che oggi la Puglia è
al primo posto per gli attentati contro i
pubblici amministratori. Ecco chiediamoci
cosa è cambiato e se la risposta è
“niente” diamoci da fare perché qualcosa cambi.
Lei, proprio
questo stava
cercando di
fare quando
la sua vita è
stata spezzata.
Di cambiare
un certo
modo di fare
le cose, di
m i g l i o r a r e .
Per il Salento
significa aver
c o n s e r v a t o
uno dei posti
più belli
d’Italia, significa
aver preservato
la bellezza ma
noi abbiamo risposto
con altrettanta
bellezza?»
Dal palco, qualche minuto dopo non
saranno diverse le parole di Don Lugi
C i o t t i , c a r i s m a t i c a f i g u r a
dell’associazione “Libera”. Da quel palco
D o n C i o t t i i n v o c h e r à infatti la
“ d o l c e
pedata di
Dio” a
quanti non si adoperano per un cambiamento
possibile, a quanti non sentono il
morso del divino che sta nell’uomo, il
sale del più. L’anelito alla bellezza.