Una volta il viaggio tra le grandi capitali europee
rappresentava un “privilegio” per la crescita
culturale dei giovani appartenenti ai ceti
medio alti. Oggi invece è un’esperienza che,
grazie ai fondi europei, può coinvolgere chiunque.
Da anni infatti ormai generazioni di studenti
del “Vanoni” approfondiscono la loro
formazione linguistica grazie ai progetti così
detti C1 che consentono ai ragazzi di soggiornare
all’estero e mettere in pratica le conoscenze
linguistiche.
Una volta il viaggio tra le grandi capitali europee rappresentava un “privilegio” per la crescita culturale dei giovani appartenenti ai ceti medio alti. Oggi invece è un’esperienza che, grazie ai fondi europei, può coinvolgere chiunque. Da anni infatti ormai generazioni di studenti del “Vanoni” approfondiscono la loro formazione linguistica grazie ai progetti così detti C1 che consentono ai ragazzi di soggiornare all’estero e mettere in pratica le conoscenze linguistiche. Tra agosto e settembre scorsi,
per circa un mese, due distinti gruppi di alunni,
sono partiti rispettivamente alla volta di
Londra e di Antibes (Francia) per studiare e
vivere la loro esperienza all’estero. Un viaggio
non solo per diletto, non una gita, per intenderci,
dal momento che, al rientro in Italia,
ad attendere i ragazzi c’era il test per l’ottenimento delle certificazioni linguistiche in cui
gli alunni hanno restituito ottimi risultati. «Non ho
dubbi sulla positività dell’esperienza londinese, racconta
Gabriele Napoli a proposito del suo soggiorno
studio a Londra, è stata per me un continua scoperta
di usanze e culture differenti dalle mie. Avere il privilegio
di vivere e studiare a Londra per un mese mi ha
dato l’opportunità di scoprire le diverse sfaccettature
di una capitale così famosa. Ricordo con piacere ogni
singolo dettaglio ed anche le cose che inizialmente
credevo non mi piacessero, si sono rivelate esperienze
positive. La didattica poi è diversa da quella italiana,
fra i banchi del college si apprende dialogando oltre
che utilizzando i testi.
La cosa che più mi ha colpito è stata la curiosità degli
inglesi desiderosi di conoscere i nostri stili di vita
molto più di quanto noi lo fossimo inizialmente nei
loro confronti»